Verdi e Tonelli, squilli di un Napoli che fu e - forse - sarà rossoblu. Rimpianti e speranze di rafforzamento, che però prontamente l'ad Fenucci in una intervista a Stadio rintuzza. Arriverà un prospetto difensivo e poi basta. Con un certo sprezzo del pericolo e notevole convinzione sulle proprie qualità di talent scout e sul piglio da motivatore di Inzaghi il club di Joey Saputo non ritiene che si percorreranno le stesse strade, rocciose e impervie, del finale dell'anno scorso. Arriva, postuma, la confessione che se non si impattava con il Cagliari si poteva pure retrocedere. Beh, un bell'inno al "maigodutismo" da parte di Fenucci. Basta che alla prima conferenza stampa utile non si riparta con lo stucchevole ritornello, buono per i tribuni radiofonici, che sono i media a diffondere negatività. Di storielle consimili in quattro anni ne abbiamo sentite davvero troppe. Oltre al consueto, prevedibile e pure - in parte - giustificato scaricabarile su Donadoni dei casini trascorsi. Prima lo rinnovano, poi ci dicono che non si sopportavano più e infine gli smembrano - e fanno pure bene - lo staff. La logica, questa sconosciuta.
Che Saputo non si sia tanto sintonizzato sulle regole del calcio lo dice la sua storia canadese, prima ancora che quella italiana. Dalla chiacchierata di Donadoni con Gazzetta emerge un dato che dimostra come il nostro tycoon proprio non ascolti nessuno, sia impermeabile a qualunque tipo di segnale gli viene dal mondo esterno. Tavecchio offre al Bologna una fantastica via d'uscita, prendere Donadoni addirittura con stipendio aumentato (la qual cosa avrebbe evitato il calvario con l'improponibile, su tutti i piani, Ventura. Il nostro ex coach lo batte 10-0). In nome di una inesistente programmazione Saputo tratta il presidente federale un po' come fa con i giornalisti alle conferenze stampa, con malcelato fastidio, e praticamente lo mette alla porta. Risultato: il Bologna deve inviare Fenucci, bravissimo nelle pr, ad ammorbidire i federali seccati e qui resta uno di contraggenio. Bravo, bene, bis.
Attendiamo, ora, le prove probanti rappresentate dalle amichevoli internazionali. Quanto alla Coppa Italia sono pronto a scommettere che sarà una gara orribile, in cui il Bologna inviterà il Padova ad attaccare pur di non offrire il fianco a perigliose ripartenze avversarie. Inzaghi sa che lì si gioca il 30% della sua credibilità petroniana e, memore dei rovesci donadoniani, passerà il turno in qualunque modo. Non col gioco, credo, è un po' presto. "Al bel zug" lo vedremo poco. Vedremo altresì spesso ali terzinizzate e centravanti stopperizzati. La differenza è che con quello di prima ciò era insopportabile e con quello di adesso sarà un brillante espediente tattico. The times they are a changing, cantava Bob Dylan, ed è anche giusto che sia così.
Inzaghi può fare bene. Prima capiterà, prima lo saluteremo, ma questo è un problema che, in caso, ci porremo al momento opportuno. Valutarlo sui risultati sarà l'unico metro. Lui ne è perfettamente consapevole. Gli è già successo a Milano e a Venezia. Un punto negativo è che vicino alla porta non c'è lui. E nemmeno Marco Di Vaio, ahimè.
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