Macchè Fire and Desire, il nuovo motto rossoblu è M.A.S., ovvero Memento Audero Semper. Solo una casuale assonanza con la locuzione dannunziana (prodromo di future parole d'ordine mussoliniane), salva sostituzione del verbo "audere", ovvero osare,con il disastroso estremo difensore doriano, già baluardo (insomma...) del Venezia targato Inzaghi. Peraltro, guardando la scorsa stagione, un casino simile lo juventino Emil lo aveva combinato, dal punto di vista aritmetico, solo a Cremona, beccando i tre gol dell'1-5 finale in 14 minuti. Ma il play-off era in cassaforte, mancava una sola giornata alla fine della regular season, e la Cremonese doveva salvarsi.
Sabato è stato un amico, ma il Bologna si è soprattutto voluto bene da solo. Rimarchevole il finale di stagione offerto da Pulgar e Dzemaili (del resto poi i segreti sono pochi, il cileno si allena a battere le punizioni con il maestro Sinisa e lo svizzero segnala in zona mista che lui obbedisce al tecnico ma preferisce giocare un po' più avanti), una sicurezza, in marcatura, Mbaye, e e perfino Krejci mostra una insospettabile adattabilità: come disse Mazzone in risposta a una domanda su Bellucci arretrato, "beh, ha pur sempre giocato a calcio", il ceco dimostra che pure "fuori ruolo" un giocatore, in un contesto giusto, riesce a far bene.
Il Bologna resta in Serie A senza un goleador, senza punte di ruolo e con innesti invernali, Lyanco a parte, tuttora in rodaggio. Un miracolo assoluto. Ma la notizia, accuratamente celata finora, non è la salvezza sostanzialmente ottenuta grazie, soprattutto, all'harakiri empolese: quello è importante, certo, ma c'è dell'altro.
Riccardo Bigon, salve dimissioni (sollecitate dal parterre di voci amiche della dirigenza di Casteldebole) o transazione contrattuale, sarà il prossimo diesse del Bologna. Non è una fanfaluca né un incubo per buona parte della tifoseria, sapientemente orientata da qualche anno a trovare ogni stagione un capro espiatorio. No, il rinnovo in caso di salvezza è automatico: finora si era sapientemente bordeggiato, "non è detto che...", ma ora è detto. Cioé: o lo si tiene o lo si accontenta economicamente nel distacco esattamente nella misura in cui si è compiaciuto Donadoni.
Ed è curioso che questa "scoperta" avvenga nello stesso giorno in cui i tifosi stappano champagne per la lite - pare - cruenta che ha opposto Walter Sabatini a Massimo Ferrero (a proposito: Morandi se lo tiene vicino perché Er Viperetta era un suo dipendente. In epoche lontane, certo). E' la prima volta che una torcida tifa così smaccatamente per un dirigente, il quale oltre tutto veleggia a poche miglia dalla costa felsinea da parecchio tempo senza che mai i due amanti possano consumare (apparve in tv per affermare addirittura che con Destro voleva parlarci lui. Per curiosità, cosa poteva dirgli che non fosse già presente a Mattia ?).
Sabatini, o meglio il sogno che arrivi qui, corona alla perfezione il rilancio del gruppo dirigenziale di Saputo: quello storico, intendo. Il patron più o meno gestisce il mercato come al solito, Fenucci e Di Vaio restano sulla plancia di comando e a Sabatini - in caso giunga, ma come dimostrato non è né facile né poco dispendioso - tocca cavare il sangue dalle rape, ovvero trasformare campagne acquisti risparmiose in addizioni qualitative tali da collocare la squadra stabilmente in fascia sinistra (cosa che Mihajlovic ha fatto alla grande nel suo periodo di vigenza: ma è più facile produrre un rendimento così in un lasso di tempo determinato che non sulle 38 gare dell'intera Serie A).
In ogni caso, prepariamoci a un tiro al bersaglio nelle prossime settimane. Di volta in volta ingrato, incapace e un ostacolo, Bigon fronteggerà tutti stilemi già esibiti, verso Diawara, Verdi, Donadoni e Inzaghi: ognuno di questi con colpe specifiche, intendiamoci, e ognuno con diverse attenuanti. Esattamente come l'attuale diesse.
Anche perché quello in uscita pare Miha. Al tifoso adorante pare impossibile che si interrompa una bella favola, ma la premessa intanto è che il tecnico serbo arriva qui quando proprio non se ne può fare a meno. Contattato prima delle partite con Napoli e Spal, gli si è detto che sarebbe montato in sella se nel primo caso si perdeva e nel secondo non si vinceva. Cambiata idea due volte (Saputo non era convinto dell'esonero), lo si è tesserato quando c'erano solo macerie e il cambio impossibile da rinviare -.anche perché il segnale dato dalla squadra era stato inequivocabile -. E la ricostruzione è stata mirabile.
Ma manca la progettualità, a meno di clamorosi cambi di indirizzo a brevissimo. Che vuol poi dire investire su calciatori con un presente. Probabile che l'ex vice del Mancio preferisca attendere, in fondo è diventato il subentrante dal più alto rendimento della recente storia calcistica italiana, forse europea. Un club che zoppica a ottobre/novembre può portarlo a casa con ragionevoli chances di rimettersi in carreggiata. Forse, nella sua testa, meglio così che una gestione rossoblu troppo poco in linea con le sue aspettative.
Sul versante stadio non ci sono novità. L'unico dato certo è il rapporto molto saldo tra questa amministrazione comunale e la proprietà e dirigenza rossoblu. Che questo porti a qualcosa di concreto è l'auspicio di tutti, ma siamo ancora lontani dalla meta.
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