Pupi Avati regista bolognese e tifoso milanista, in un'intervista a Repubblica ha parlato del Bologna e della sifda in casa con il fratello Antonio: "Che il Bologna debba solo pensare a salvarsi non mi sembra un grande progetto, ma anche altrove, non mi pare che con questi cinesi il Milan abbia risolto i suoi problemi, anzi. Il Milan di Berlusconi, con tutti i suoi campioni, quello sì che sarà ricordato. Le favole son sempre meno, resiste il Chievo, che viene da un rione. Bologna-Milan non la guarderò con mio fratello e non certo perché lui tifi sfegatatamente il Bologna ed io abbia invece una simpatia per il Milan. Il fatto è che lui è un po’ insofferente nei riguardi della mia incompetenza. Lui guarda gli schemi, io più la poesia. Il Bologna la mia seconda squadra? Ovviamente. Ricordo negli anni ’60, Antonio mi portava a vedere gli allenamenti, c’era Bernardini in panchina, poi Carniglia. Era impossibile non amare quel Bologna. E non amare quella città. Dozza, il sindaco più sindaco che potesse esserci. Lercaro, il cardinale più cardinale che potesse esserci. Un presidente come Dall’Ara. Bologna era un modello, un biglietto da visita spendibile ovunque, quella bolognesità ti legittimava, c’era una forte questione identitaria che oggi s’è molto sbiadita".

Sezione: Rassegna stampa / Data: Mer 25 aprile 2018 alle 09:22 / Fonte: Repubblica
Autore: BN Redazione
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