Beh, le vittorie aiutano tanto. Le giornate attorno al compleanno numero 108 del Bologna sono state belle, serene, spensierate, foriere di iniziative di recupero del passato (targa sul luogo di fondazione, "marcia" simbolica per riprendersi l'ottavo scudetto), presenze reiterate in tv, visita dei tifosi a Casteldebole; tutto concorre a tracciare bilanci inaspettatamente positivi. Lontana la vicenda stadio (i vaghi impegni del ministro Lotti sono giustamente passati in terzo piano, in fondo poi il Dall'Ara è bello anche così come è e come si è visto in occasione della visita papale, poi nessuno si straccia le vesti per l'outlet della moda), in copertina la squadra, e soprattutto Simone Verdi. Al quale mister Donadoni ha riservato una carezza "tattica", ben rendendosi conto che se c'è un giocatore che ha mostrato lampi egregi ma si è anche tanto sacrificato pro bono publico (tutte le volte in cui non ha giocato esterno) questo è proprio il talento pavese. Sembrerà paradossale, ma i due prospetti più forieri di possibili plusvalenze, ovvero lui e Di Francesco, sono anche coloro i quali hanno brillato meno rispetto alle potenzialità. Responsabilità loro, poco più di zero: sono state proprio le scelte tattiche a valorizzare più il loro apporto quantitativo che non qualitativo (1 gol a testa nei due pareggi domestici). 

In compenso l'ex Carpi si è preso (verbalmente, per ora) la Nazionale quasi fosse un veterano, anzi "chiamando" l'amico DiFra ai Mondiali, e svelando quindi il loro patto. Di grande equilibrio e ottima sostanza le cose dette, per esempio, a proposito di lamentoni e nostalgici sulla tecnologia: "Si parla molto di Var: penso che il meccanismo sia da limare ma è un’ottima cosa, può giovare, aiutare il direttore di gara. Devo dire che, rivisto, il fallo di Mbaye era da rigore", affermazione (l'ultima) che è di una pulizia e onestà rare.

Note interessanti sugli schieramenti avversari - Genoa e Atalanta che difendono a uomo, "mi marcava Laxalt" -, apprezzamenti per i compagni Poli e Masina, direi che Verdi è pronto per vestire la fascia da capitano

Leggete sul Pallone Gonfiato una analisi di Marco Vigarani sulla quantità di tempo in carriera che l'ambidestro rossoblu ha passato da trequartista/seconda punta e da esterno d'attacco, tanto per produrre dati che servono a corroborare i ragionamenti. Per completare lo spazio a lui dedicato, sarebbe bello che tutta Italia lo ammirasse battere in azzurro una punizione delle sue. Certo, dopo ci toccherebbe sorbire la litania del "giocatore pronto per un grande club", ma nelle condizioni attuali potremmo anche provare a sopportare la solita onta. 

Infine, sono pronto - udite, udite! - a fare autocritica. Ero (e in parte resto) convinto che la debolezza rossoblu risiedesse soprattutto a metà campo. Ho apprezzato l'arrivo di Poli, meno quello che mi appariva il mancato completamento del reparto di mezzo. Non valutavo sufficientemente maturi nè Pulgar e nemmeno Donsah, ma mi debbo ricredere. Da entrambi abbiamo visto prove dal timbro convincente, e adesso sotto con il rilancio di Taider e Nagy (resto dell'idea che servirebbe anche Crisetig nelle rotazioni, ma il mister è evidentemente di opinione diversa). 

E a chi ha paragonato Donadoni a Pioli (per come si presentano qualche analogia c'è), ricordo che il secondo andò all'indietro come rendimento e non fu capace di assorbire e gestire né le esigenze societarie né le tensioni con il gruppo. Ora tutto è diverso, tanto che qualcuno fa riemergere possibili flirt azzurri con il tecnico bergamasco nel caso in cui Ventura fallisse

Fantacalcio, al momento. Anche se sarebbe interessante, ove accadesse, procedere a un ennesimo rilancio. Nella fattispecie, di un ct "trombato".

Sezione: Director's cut / Data: Gio 05 ottobre 2017 alle 12:00
Autore: Alberto Bortolotti
vedi letture
Print