La quindicesima giornata di Serie A ci mette, in qualche modo, in condizione privilegiata. Alla domenica gioca a ora di pranzo il Crotone, volitivo ma sconfitto a San Siro, e poi due scontri di bassa classifica, Sassuolo-Empoli e Pescara-Cagliari, più il Palermo del subentrato Corini a Firenze. Il nostro lunedì vale un punto di osservazione privilegiato: è vero che i quotisti danno (leggermente) favorita l'Udinese, ma tutto sommato il risultato più probabile è il pareggio. E andrebbe benissimo, s'intende. Le ultime 4 sono sempre più ultime, anche se il Pescara batte un colpo.

Non per responsabilità dell'ufficio stampa rossoblù, il senso del 4-0 rifilato al Verona (vittoria rotonda, importante per il morale e per un prosieguo in Coppa Italia) è venuto subito meno rispetto alle parole miste tra prudenza e paura espresse da Bigon ("Non siamo affatto salvi"), con il contrappunto del saggio Mirante. Chi ritiene che il potere del media director sia tale da orientare in un senso o nell'altro la comunicazione del club sbaglia di grosso: di fatto, il vero capo è di solito il proprietario (quando esterna) o, nel nostro, caso, l'ad. Le grandi linee le decidono i capi, spesso nemmeno informandone gli operativi. Ai quali è destinata la routine (per quanto svolta con professionalità), il tweet sulla formazione, l'intervista ad Andersson o la nota sull'imminente operazione di Sadiq (già...a cosa è servito, esattamente?).

La cosa che si fatica a capire è quanto questi messaggi di...estremo realismo (affossatori di sogni popolari, certo, ma dal contenuto non così peregrino, a guardar bene) sono una sorte di codice interno ("facciamo i catastrofisti, così Joey s'impietosisce e ci dà i soldi per fare il mercato") e se sono concordati tra dirigenti e staff tecnico. Il Bologna ha bisogno di muovere qualcosa, ma quante siano le risorse non è chiarissimo: il sospetto è che superino di poco il livello dei famosi "ossi della polenta". Anche le parole di Donadoni su Destro ("c'è il rischio di perderlo"), uguali a quelle di Paolo Sousa su Bernardeschi, testimoniano che il cammino da percorrere (come molti sanno sono allergico alla parola "progetto") è ancora lungo.

A parte il fatto che i numeri sono poi lì, impietosi: se il Bologna - come ha scoperto Repubblica - dovrà mollare agli agenti di Britos 5.4 milioni per una causa originata da una regalia di Bagni non riconosciuta successivamente da Guaraldi (ma verificata scrupolosamente durante la due diligence nordamericana), e ne ha accantonati a bilancio la metà, quasi 3 milioni (ammesso che altri contenziosi vadano a finire meglio) saranno giocoforza sottratti al mercato. A meno che tutti, soprattutto lui, non continuino a considerare Saputo una sorta di bancomat con l'effige di San Patrizio e la forma del pozzo senza fondo...

Si dice: un giorno attingeremo risorse dal settore giovanile. Che in effetti sta non costruendo ma plasmando il talentino Okwonkwo, e di questo lavoro bisognerà rendere merito a Paolo Magnani.

Nel frattempo però qualcosa è cambiato da quando (2015) la ferrea scure di Pantaleo Corvino imponeva a tutte le squadre junior, per esempio, il 4-2-3-1. E quando perdevi 5-0 dal Sassuolo tuonava impietosamente, "non sono figure da Bologna". Ora under e over 17 seguono linee tra loro autonome. Ai primi pensa lo "storico" Corazza e ai secondi il "capo" Bergamini, ognuno con uno staff. Travasi non tantissimi, un po' come il box Yamaha strutturato in zona Rossi e zona Lorenzo, telemetrie scambiate...con il contagocce.

Può essere un sistema che in prospettiva funziona benissimo, si tratta solo di dare il tempo, come no. Di sicuro è una formulazione originale della quale attendiamo i risultati con curiosità e tifando perchè si riveli il format migliore che ci sia.

Sezione: Director's cut / Data: Lun 05 dicembre 2016 alle 10:01
Autore: Alberto Bortolotti
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