Con la crudezza di cui sono capaci i romani, un giornalista laziale ha chiesto a Donadoni se anche lui si rende conto che il 50% della sua squadra non può giocare in serie A. La risposta è stata "politica" ma non si è tramutata in una negazione sdegnata.
Qui si discute se è giusto segare o no il mister. Da un lato solo la "pluma" (relativa, certo: ma di ricchezza assoluta ce ne facciamo ben poco...) giustifica la permanenza di una guida tecnica che perde quasi sempre. Dall'altro è indubbio che se hai materiale scarso, puoi fare ben poco. Nè si è riproposta una situazione "pioliana", qui non c'è un Diamanti a tempestare di sms Saputo contro il tecnico come fece Alino al cellulare di Guaraldi. Ci sono aspetti tecnici francamente incomprensibili (tipo l'ostracismo verso Di Francesco, Donsah e Mbaye) ma nulla di irreparabile, salvo una squadra sgonfia, vuota, abulica, apatica, apallica, impresentabile. Con il forte sospetto che il gruppo, una delle squadre più scarse in attacco dell'intera storia della Serie A, migliorerebbe poco anche se arrivasse Felsner. O Bernardini. O il povero Weisz.
Poi c'è la nemesi. Il Donadoni che gioca a rimpiattino con i cronisti, che nelle conferenze stampa del dopogara interrompe, in modo un po' insofferente, le domande perchè sa già la risposta (è chiaro che non ci considera interlocutori alla sua altezza, e forse ha anche ragione), quello che prova in gran segreto soluzioni tattiche innovative all'interno del "fortino" di Casteldebole, si coltiva una serpe in seno.
Sono finiti i bei tempi nei quali Olive (una colonna del nutrito staff donadoniano), inferocito, si arrampicava sulla collinetta dove due o tre giovani cronisti spiavano, al sabato, l'allenamento muniti di binocolo per intuire se la scelta sarebbe caduta su Brienza o un centrocampista. Ora le spiate arrivano direttamente da dentro, se è vero che Simone Inzaghi ha candidamente confessato che sapeva già (aggiungo io: da giovedì) che il Bologna sarebbe stato schierato con difesa "dispari" (3 o 5, a seconda dei centimetri di campo occupati dagli esterni). Chi glielo ha detto, date le porte chiuse? I sospetti, come sempre, cadono sul maggiordomo. Indaga Agata Christie.
Così l'allenatore biancoceleste ha potuto preparare le contromosse e vincere al Dall'Ara con la pipa in bocca. Che la Lazio fisicamente e tecnicamente sia di un altro pianeta era chiaro da mò, per farle stare sicura mancava solo le si desse anche una mano tattica.
Va beh, a Reggio contro il Sassuolo niente tifosi. Non so se essere più contento per il segnale inequivocabile che si dà o perplesso per l'evidente - secondo me - errore di mira.
La squadra è quella lì. E' un miracolo che si salvi, così scombinata, male in arnese, arrendevole, anzi arresa. Per migliorarla occorrono i denari del boss.Se non li mette, l'anno prossimo potranno essere dolori.
Così forse sarebbe stato meglio chiedere di accendere una telecamera sopra il computer, installare Skype e attendere che di là dall'Oceano, negli uffici dello Stade Saputo, si materializzasse il Chairman. In un colloquio - rigorosamente senza giornalisti, non sono graditi a entrambe le parti - molti aspetti si chiariscono.
Pubblicamente, a Bologna, Saputo non ha mai parlato (solo a fianco di Tacopina). Lo ha fatto a convention, cene di auguri, serate rotariane, dinner al Circolo della Caccia. Non è la stessa cosa.
La città aspetta. Il sogno può ancora essere alimentato.

Sezione: Director's cut / Data: Mar 07 marzo 2017 alle 09:00
Autore: Alberto Bortolotti
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