Per valutare il Bologna di oggi bisogna tornare a Kitzbuhel, quando la squadra era stata disegnata con due mediani e tre trequartisti, tra cui Falletti, dietro Destro. Il cambio del centravanti era indicato in Avenatti. Okwonkwo un prospetto lontano di presumibile scarsissimo uso e Petkovic (mai indicato come prima punta) una possibilità di mercato, che però si scelse di respingere.

Il calcione dello stopper dell'Hoffenheim alla mezza punta uruguagia (portata a Bologna anche per sanare il contenzioso con il suo agente, non è stata un'operazione tecnicamente "autonoma") genera la necessità di un cambio tattico e di un rinforzo perché la coppia sudamericana non è utilizzabile.

Il nome di Palacio comincia a circolare subito, c'è la concorrenza di altri due club ma soprattutto la perplessità - invero assai poco giustificata - legata all'età (e qui potrebbe anche starci) ma soprattutto alla difformità rispetto al cosiddetto "progetto". Quando è chiaro che Avenatti non si può inserire in lista, in mezzo a mille distinguo e sotto pressione di Donadoni arriva l'argentino. Che intanto si era preparato (bene) da solo, senza match analyst, psichological assistant, speakers corner e anche - orrore! - senza drone in aiuto. Si mette a fare l'allenatore in campo e porta a maturazione una serie di soggetti, il primo dei quali è Petkovic. Non ce la fa con Destro ma solo perché il delantero ascolano si auto-esclude, vittima di uno di quei reset periodici che lo fanno ripiombare in coda al gruppo, figuriamoci se può ambire alla Cima Coppi. 

"Voglio andare in azzurro", pensa forse di iscriversi a Forza Italia? Soprattutto c'è un tema di tonicità degli arti inferiori, i tiri sono sempre fiacchi, loffi, non da lui. In ogni caso, ora può ricostruirsi davvero. Non ci sono urgenze. 

Gli infortuni, gli acciacchi e i piccoli malanni non sono più visti come un dramma. Si convive serenamente con la carta di identità di Maietta, nessuno piange più per la dipartita di Gastaldello o Ferrari, la scomparsa dai radar di Nagy e Krejci (pre-operazione) non è nemmeno un fatto notiziabile. Al di là del fatto che, tra punte, esterni d'attacco e trequarti, il Bologna potrebbe metter su un banchetto in piazzola. Verdi, Di Francesco, Krejci, Okwonkwo, Palacio, Destro, Avenatti, Petkovic, Falletti, 9 giocatori per 3 o 4 ruoli. Neanche il PSG!

Vista la gara con il Cittadella, i due centrali nuovi erano da bruciare e il partner di Poli mancava come l'aria (io stesso avevo individuato questa come la più grave carenza). Del resto tra i due mediani non poteva figurare Donsah, che infatti si era messo sul mercato. Il ritorno a una mediana a 3 ha seriamente rilanciato il ghanese e ora due contestati acquisti dell'epoca corviniana (problemi di utilizzo e di costo del cartellino), lui e Mbaye, sono, finalmente, pilastri acclarati. Perfino Pulgar, un altro da lapidare, è ora serenamente accettato.

A proposito di Corvino, detto che con questi e non solo, volendo (io spero di no), si potrà fare plusvalenza (il saldo sarebbe così attivissimo), oramai la squadra è di Bigon. Nel senso che alcune scommesse (la prima è Petkovic, poi, si spera, verranno degli altri: tipo Gonzalez ed Helander, già leader) stanno andando a segno e la de-destrizzazione (neologismo orribile, lo so) segna una netta cesura rispetto al passato.

Da martedì nessuno parla più di stadio o di diversità di vedute dentro il club. Il campo è una grande medicina, se funziona. Prestargli una doverosa attenzione è sempre la ricetta migliore. 

Sezione: Director's cut / Data: Lun 25 settembre 2017 alle 14:05
Autore: BN Redazione
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